ALLA RICERCA DEL FOTOGRAFO FRANCESCO NEGRI (1841-1924)
Il
mistero di un fotografo
Di
Roberto Coaloa
Francesco Negri
è stato uno dei più importanti pionieri della fotografia, inventore del
teleobiettivo.
La prima prova documentata di fotografia realizzata col teleobiettivo è del 25 aprile 1892, Veduta di Casale dalla collina di S. Anna. Altre immagini della città sono documentate nello stesso periodo, come una Veduta con fornaci in primo piano. Del 30 giugno 1893, la bellissima telefotografia Casale Monferrato: veduta dalla collina della Pastrona. Nel 1894 l’apparecchio fu perfezionato e brevettato a Milano dall’ottico Francesco Koristka, proprietario di una ditta di microscopi e strumenti di precisione. Nel 1896 il teleobiettivo Negri-Koristka a fuochi variabili fu messo in produzione e nel 1898 i due presentarono l’apparecchio al Primo Congresso fotografico italiano di Torino, trovando subito applicazione sia nelle scienze topografiche sia in ambito militare.
Nato il 18 dicembre 1841, a Tromello in Lomellina (paese ora in Lombardia, nella provincia di Pavia, ma allora territorio piemontese, facente parte del Regno di Sardegna), da Angelo Maria e da Maria Magnaghi, Francesco Negri fu il figlio unico di una ricca casata. Frequentò il liceo a Vigevano (in quel tempo territorio sabaudo), ospite dello zio materno Santo Magnaghi, vicario generale della diocesi, quindi si trasferì per studio a Torino, dove ottenne la laurea in giurisprudenza nel 1861. L’anno successivo si stabilì a Casale Monferrato.
In Italia, al
pari dei Fratelli Alinari, Negri fu uno sperimentatore attivissimo, l’unico, ad
esempio, a studiare la microbiologia per migliorare il proprio lavoro e uno dei
pochissimi a preferire tecniche più difficili e molto particolari, come la
tricromia.
Il lavoro di
fotomicrobiologia di Negri fu portato a termine negli anni 1882-1885 su
preparazioni avute direttamente dal grande Robert Koch, da Finkler, da Angelo
Celli ed Edoardo Perroncito, luminari della scienza che si rivolgono al
fotografo con piena fiducia. Negri non deluderà mai le aspettative degli
studiosi. È la prima volta che un fotografo italiano opera, ad altissimo
livello di specializzazione, anche per l’estero. È proprio Negri a ritrarre con
attrezzatura propria, i bacilli della tbc isolati nel 1882 da Koch e a
fotografare altri vetrini per studi sulle malattie più gravi dell’epoca.
Nel 1902, Negri presentò
le sue fotografie all’Esposizione d’Arte Decorativa Moderna di Torino. La
novità assoluta della mostra furono le sue fotografie a colori. Il pubblico
torinese dell’Esposizione, invece, impazzì letteralmente per le sue vedute
stereoscopiche, un linguaggio espressivo già noto nel campo della fotografia.
La tecnica che già aveva sbalordito all’esposizione londinese del 1851 era
ritornata in auge grazie alla maneggevolezza dei nuovi apparecchi fotografici
portatili, che utilizzavano piccole lastre alla gelatina. A Torino, il pubblico
si accalcò intorno agli stereoscopi, sedotto dalla magia di queste immagini di
Negri che restituivano la sensazione della visione tridimensionale.
Il successo di
Negri fu enorme, tanto che un commentatore di prestigio, come Pietro Masoero,
illustrando la sezione italiana di fotografia all’Esposizione osservò: «Ed ora
non mi resterebbe a parlare che delle vedute stereoscopiche e delle fotografie
a colori ma delle prime, devo confessarlo, nulla posso dire per una ragione
semplicissima… Nelle quattro o cinque gite fatte all’esposizione, mai una volta
mi fu dato di avvicinare i miei occhi alle nere aperture che formavano
l’interessante desiderio dei piccini e dei… grandi. Posso dire invece delle
magnifiche tricromie su pellicola di Francesco Negri di Casale, destanti
l’ammirazione generale. E questa volta il pubblico giudicava bene. I saggi
presentati dal Negri erano perfetti sotto ogni rapporto e per il primo credo,
dalla natura morta osò riprodurre a colori la natura aperta come un’aiuola di
viole del pensiero e un canale del Po con effetto di tramonto».
Francesco Negri. Il padiglione degli "Automobili". 1902. |
Negri, a Torino, dimostrò di essere un innovatore anche nel campo delle vedute stereoscopiche. La sua attenzione, infatti, si orienta alle sole architetture. Il suo taccuino di viaggio si riempie di immagini di singoli edifici, operando scelte precise e niente affatto ovvie: il padiglione e la casa austriaca di Baumann, molte delle costruzioni minori, il fronte meridionale del padiglione di Belle Arti e quello degli «Automobili» di D’Aronco, che la critica ancora oggi considera tra le prove più riuscite di quell’esperienza. Ma Francesco Negri non è un semplice visitatore, le sue immagini a colori costituiscono una delle attrattive della sezione fotografica. La loro fama è certo dovuta alla semplicità accattivante della composizione, lontana dalle «inusitate forme» della più avanzata produzione straniera, ma anche alla grande novità del colore, tema intorno al quale si intrecciano in quegli anni interessi diversi, dall’industria fotografica alla ricerca scientifica più avanzata, come dimostra il Premio Nobel assegnato nel 1908 al fisico francese Gabriel Lippmann per la messa a punto del metodo diretto interferenziale di fotografia a colori. Un metodo, che i fratelli Lumière, grandi sperimentatori, molto finemente avevano definito come «una meravigliosa esperienza di laboratorio e una elegante conferma della teoria fisica della luce», priva però di qualsiasi utilità pratica. L’avvocato di Casale Monferrato, già sindaco della città e studioso d’arte, nel 1902 aveva ormai una quarantennale esperienza fotografica alle spalle. Era nel pieno della maturità e come studioso utilizza la tecnica della tricromia, messa a punto da Charles Cros e Louis Ducos du Hauron nel 1869, in maniera tutta sua, apportandovi alcune importanti modifiche. Da ogni soggetto fotografato da Negri, di necessità statico, vengono realizzati tre negativi di selezione – utilizzando ogni volta un filtro colorato (blu-violetto, verde, rosso-arancio) – che sono successivamente stampati a contatto su gelatine, di produzione Agfa, colorate nei tre colori primari (giallo, rosso porpora e blu-verde). La sovrapposizione delle tre immagini a registro restituisce i colori dell’originale. Le prime esperienza di Negri in questo settore risalgono al dicembre del 1899, forse sollecitato dalla pubblicazione dell’importante testo di Carlo Bonacini, La fotografia a colori, edito a Milano da Hoepli nel 1897, ma l’interesse per il tema è di molto precedente, di almeno dieci anni prima, come dimostra la presenza nella biblioteca di Negri del testo fondamentale di Hermann Wilhelm Vogel, La photographie des objects colorés avec leurs valeurs réelles, edito a Parigi da Gauthier-Villars nel 1887.
L’attenzione di
Negri alla fotografia a colori è rivolta principalmente agli aspetti
tecnico-scientifici. Il fotografo si cimenta in sfibranti prove di laboratorio
per verificare le emulsioni più adatte e per mettere a punto le formule più
appropriate per la coloritura dei filtri, di cui controlla il livello di
assorbimento per mezzo dello spettroscopio e del vetro blu cobalto.
Basterebbero
queste ultime righe per far capire l’importanza di Negri nella storia della
fotografia, non solo italiana.
Oggi, però, il nome
di Negri pare dimenticato o trascurato. Gabriele D’Autilia, ad esempio, in Storia
della fotografia in Italia dal 1839 a oggi, dedica a Negri poche righe, e
lo fa evidenziando il ruolo del ceto medio nella storia della fotografia dei
non professionisti, dove la cultura scientifica s’incontra con quella
umanistica. A fine Ottocento, la fotografia diviene la «retina dello
scienziato» e, secondo D’Autilia, «Negri è una di quelle figure di
scienziati-fotografi emblematiche del clima in cui si muoveva la fotografia
italiana dell’Ottocento: si occupa un po’ di tutto e inventa nuove
attrezzature».
È questa di
D’Autilia la visione di un Negri semplice “dilettante” di fotografia, sebbene
di genio. A smentire questo quadretto da fotografo di provincia è il lavoro
colossale dello stesso fotografo Negri.
L’avvocato di
Casale fu un vero e proprio “professionista” della fotografia, come dimostra la
critica a lui coeva: ad esempio quella sulla già citata Esposizione d’Arte
Decorativa Moderna, nel 1902, a Torino. Oppure possiamo ricordare Negri come
fotografo di montagna, così apprezzato che Vittorio Sella, forse il più grande
fotografo alpinista dell’Ottocento, scelse alcune sue opere per una mostra
aostana dedicata proprio a questo genere.
Addirittura, in
recenti pubblicazioni, non si dice che il Francesco Negri sindaco e avvocato
sia nello stesso tempo il fotografo, lo studioso d’arte, ecc. Perché? Cosa è
successo?
Negri morì a
Casale Monferrato il 21 dicembre 1924. Fu tumulato nella cappella cimiteriale
di S. Evasio, ma nel dicembre del 1967 i suoi resti furono traslati, per
volontà del Comune, nel famedio eretto in suo onore nel cimitero cittadino. La
pietra tombale, nel famedio del casellario numero uno, riporta un altro giorno
per la morte: non il 21 dicembre, come riportato dalla voce Treccani e dalle
ultime pubblicazioni su Negri, ma il 24 dicembre. Leggiamo: «Francesco Negri.
Sindaco della città. Giurista. Botanico. Inventore del teleobbiettivo. 18
dicembre 1841 – 24 dicembre 1924».
Le sue
fotografie e le sue apparecchiature fotografiche, nonostante l’importanza
storica che tutt’ora hanno nelle vicende della storia della fotografia, sono
state disperse dagli eredi. Tale vicenda vede protagonisti gli eredi diretti, i
figli Umberto e Federico, e la cameriera di quest’ultimo, Carolina Baracco. La
cameriera diventerà l’erede universale, ma altri intrichi e cause giudiziarie
porteranno a una dispersione del lascito di Francesco Negri.
Nel 1951,
infatti, il figlio di Carolina Baracco, Giuseppe Curino, denunciò tale
donazione come «estorta colla violenza» e la causa arrivò in Corte di
Cassazione, che nel 1956 dichiarò valida la donazione.
Il pittore e fotografo Giuseppe Marotto, ritratto da Roberto Coaloa nel suo atelier. |
Le indagini, quindi, proseguono tra collezionisti, visite a case abbandonate, cimiteri. Tra i collezionisti, il pittore Giuseppe Marotto, morto recentemente, mi ha mostrato fotografie e apparecchiature appartenute a Negri, che qui propongo nel mio reportage fotografico realizzato nel pomeriggio di venerdì 5 aprile 2013 nel suo atelier.
Per fortuna, la città di Casale Monferrato negli ultimi sessant’anni sta ricostruendo il fondo Negri alla Biblioteca Civica di Casale Monferrato. Dai documenti fotografici e archivistici del fondo possiamo far risalire al luglio del 1862 il primo indizio certo dell’interesse di Francesco Negri per la fotografia. Nell’estate del 1862, infatti, il giovane avvocato, appena trasferitosi da Torino a Casale, aggiungeva a matita un’annotazione sulle pagine del volume di Eugène Disderi, L’art de la photographie.
Chi scrive si è innamorato di Negri, fotografo certamente eclettico e molto simpatico, come dimostrano i suoi ritratti dedicati alla «apparizione spiritica» o gli autoscatto con gli amici: celebre quello con il pittore Angelo Morbelli intento a dipingere nel suo atelier della Colma di Rosignano Monferrato.
Negri fu amico
dello scrittore britannico Samuel Butler e “collineggiava” con lui, a litri di
Grignolino, immortalando con il suo apparecchio fotografico volti sorridenti
tra i boschi misteriosi attorno al Santuario mariano di Crea. Questa vicenda
della sua vita, ad esempio, è poco nota e merita d’essere approfondita.
Autoscatto di Negri (al centro).
Nello studio di Morbelli.
Negli anni
Ottanta dell’Ottocento, quando lo scrittore britannico Samuel Butler e il suo
biografo Henry Festing Jones arrivarono in Piemonte, dopo essere stati invitati
dal loro amico Morbelli (che abitava a Milano, ma che aveva il suo buen
retiro tra gli Amis d’la Curma), conobbero personaggi eccezionali,
come Negri, e da bons vivants scoprirono «this divine creature,
Grignolino».
Samuel Butler
Festing Jones vent’anni dopo scrisse Diary of a
journey through North Italy to Sicily in the spring of 1903 (stampato a
Cambridge nel 1904). Nel Diario di viaggio dal Nord Italia
alla Sicilia (una lettura assai piacevole), tra le altre cose, Henry
Festing Jones riferisce della visita di Butler a Morbelli nella sua casa di
campagna alla Colma di Rosignano Monferrato. I ricordi del periodo trascorso
nel Nord Italia non si riferiscono a episodi
della primavera 1903 (ma agli anni Ottanta dell’Ottocento): pubblicando
questo diario assai intimo e affettuoso, Festing Jones ricordava,
romanticamente, i bei tempi passati in Italia dopo la morte dell’amico Butler,
scomparso a Londra il 18 giugno 1902.
Divertentissima
è la narrazione di Festing Jones di una gita a Camino, sempre nel Monferrato, a
cui partecipò anche Cesare Coppo, che era l’albergatore della Rosa Rossa di
Rosignano, dove i due inglesi dimoravano nei loro soggiorni tra le colline del
casalese.
Leggiamo e
traduciamo l’ottimo inglese, da gentleman, di Festing Jones: «Era una
splendida giornata e viaggiammo attraverso una campagna dagli sfondi che
ricordavano quelli di Bellini. A Camino salimmo la collina sino al castello,
portandoci dietro il nostro sacchetto delle vivande, finché giungemmo in un
ombroso boschetto a lato della strada con una fontana a portata di mano». Tra
le vivande, c’era dell’ottimo prosciutto e qualche bottiglia di Grignolino, che
fece esclamare a Butler in italiano: «Il Padre Eterno fu certo di buon umore
nel giorno in cui creò il famoso Grignolino».
Ma cosa ci
facevano due eccentrici inglesi in Monferrato? Butler, accompagnato dall’amico
Festing Jones, era venuto nel Nord Italia, per studiare il figurinista e
scultore fiammingo Jean de Wespin, detto il Tabacchetti, a cui si devono i
gruppi plastici di molte cappelle del Sacro Monte di Crea.
Butler, quindi,
fu uno dei primi studiosi dei Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia (oggi
Patrimonio Mondiale dell’UNESCO).
Nel 1881 Butler
pubblicò Alps and Sanctuaries of Piedmont and Canton Ticino (tradotto in
italiano a cura di Pier Francesco Gasparetto, Casale Monferrato, Piemme, 1991)
e nel 1888 Ex Voto (tradotto in italiano nel 1894 con il titolo Ex
Voto. Studio artistico del Sacro Monte di Varallo e di Crea, a cura di
Angelo Rizzetti, Novara, Tipolitografia Dei Fratelli Miglio). Negri avendo
letto Ex Voto ed essendo anch’egli un appassionato di Crea e del
Tabacchetti, mandò allo scrittore inglese un suo articolo sullo scultore
fiammingo, invitandolo a Casale. Butler era a Varallo e accolse subito
l’invito, legandosi d’amicizia con Negri, tanto da trovare in lui un costante e
sicuro punto di riferimento dei suoi frequenti soggiorni in Monferrato, come ci
testimonia lo stesso Butler in una serie di aneddoti, radunati nel Dizionario
dei luoghi non comuni (pubblicato in Italia da Guanda), dove si racconta
del legame della famiglia Negri con i Savoia e alla causa risorgimentale.
Negri, però, come abbiamo notato, non fu però la prima conoscenza di Butler in
Monferrato. Lo scrittore inglese già conosceva il pittore divisionista e la
famiglia Coppo di Rosignano Monferrato.
In Alpi e
santuari del 1881 Butler racconta di Morbelli: «un artista famoso, un
seguace di Segantini», frequentato «ogni volta che vado a Milano, dove vive con
sua moglie e la sua famiglia». Butler ricorda anche Morbelli a Ligornetto. Narra
di una passeggiata in campagna dopo colazione, un cammino che il pittore
divisionista trovò «molto romantico e scivoloso». Butler racconta poi di grandi
bevute con Morbelli al capitolo ventidue, Un giorno alle Cantine, di Alpi
e santuari.
Per gli intellettuali
di fine Ottocento, Samuel Butler era uno scrittore fondamentale, un Maestro.
Nel 1872 aveva pubblicato in forma anonima il romanzo satirico Erewhon
(che è, come è noto, l’anagramma di Nowhere, nessun luogo), che ebbe un
grande successo. Quando Butler rivelò di esserne l’autore diventò perciò un
personaggio popolarissimo, che influenzò non solo i suoi contemporanei, ma
generazioni di scrittori britannici, fino alla prima metà del Novecento. Aldous
Huxley, infatti, ammise apertamente di essersi ispirato a Erewhon per il
suo Il mondo nuovo, romanzo di fantascienza di genere distopico,
pubblicato nel 1932.
Butler dedicò
all’Italia altre opere di carattere saggistico; in particolare furono frequenti
i suoi viaggi in Sicilia, stimolo per i suoi studi sull’Odissea. Butler,
però, si affezionò soprattutto al Piemonte, a centri pittoreschi, come Arona e Varallo
Sesia, e amò in particolare il paesaggio del Monferrato e il Grignolino. L’inglese,
che faceva davvero onore al suo nome (in inglese significa maggiordomo, o
meglio “cantiniere”, che deriva dal latino butticularius), spiegò un
giorno al cameriere Pietro, della Rosa Rossa di Rosignano Monferrato, perché il
Grignolino gli piaceva così tanto. Il buon Pietro, che evidentemente era del
tutto ignaro dell’interesse di Butler per Tabacchetti, si mostrava infatti un
po’ stupito delle ripetute visite dello scrittore inglese in Monferrato. Butler
rispose simpaticamente che la ragione era che l’Inghilterra, purtroppo, non
produceva vino, mentre qui, a Casale, sapeva di poter trovare «this divine
creature, Grignolino».
In una lettera
del 5 novembre 1900, Butler chiedeva a Negri: «How about your Tabacchetti?»,
con allegata copia della sua traduzione dell’Odissea e l’annuncio di
aver iniziato la redazione di Erewhon Revisited, a riconferma di una
solida consuetudine e stima, che si sarebbe concretizzata due anni più tardi
coll’accollarsi le spese di pubblicazione dell’apparato illustrativo del vasto
saggio di Negri dedicato al Santuario di Crea.
Solo questa
storia, che potremmo definire di grandissima flânerie storico-artistica,
meriterebbe un intero romanzo sulla vita di Negri. Eppure quante lacune, ancora
oggi, e confusioni negli scritti, tanti, dedicati a lui e alla sua opera. Francesco
Negri, infatti, oltre a essere fotografo, fu uno studioso d’arte, scienziato e
sindaco di Casale Monferrato. Nel 1863, infatti, era iniziata una brillante
carriera politica nella città monferrina: fu dapprima eletto consigliere
comunale, fu assessore e vicesindaco dal 1878 al 1881, anno in cui – su
proposta dell’ex presidente del Consiglio dei ministri e suo concittadino
Giovanni Lanza – fu nominato sindaco, incarico che mantenne fino al 22 gennaio
1888.
Gli studiosi
sottovalutano l’importanza che ebbe Casale Monferrato nella storia del Risorgimento.
Re Carlo Alberto portando il Senato (La corte di appello) a Casale Monferrato,
fece dell’antica capitale del Monferrato aleramico, la seconda città per
importanza del Piemonte. Con questa mossa, come ho dimostrato in numerosi saggi
dedicati al Risorgimento, il re creò nella periferia del Regno di Sardegna una
nuova classe politica, diversa da quella torinese. A Casale Monferrato nacque
la classe politica degli innovatori: Giovanni Lanza e gli avvocati Mellana,
Rattazzi, Pinelli, Cadorna, molti dei quali videro realizzare l’Unità, fino
alla presa di Roma nel 1870.
Francesco Negri, nel 1863, aveva sposato la novarese Giulia Ravizza, già vedova, figlia dell’avvocato Giuseppe, inventore nel 1855 del cembalo scrivano, prototipo di macchina da scrivere. Dalla moglie, che morì prima di lui, nel 1922, Francesco ebbe cinque figli (Riccardo, Ettore, Federico, Ulrico e Umberto), che intrapresero tutti la carriera giuridica, divenendo alti funzionari statali. I coniugi Negri presero residenza a Casale Monferrato in via Benvenuto Sangiorgio, nel palazzo dei marchesi Della Rovere. Studiando Negri escono improvvisamente altre mille storie. Una, ad esempio, degna del romanzo di Antonia Susan Byatt “Possessione”. Nella vita di Negri, molto avventurosa, nonostante l’apparente vita solitaria dello studioso, ci sono personaggi che non riusciamo proprio a decifrare. E mi sono confrontato da tempo con alcuni studiosi del fotografo su una sua possibile giovane amante. Questo fatto spiegherebbe tante cose intricate della famiglia Negri e porterebbe al biografo del fotografo mille suggestioni: dalle questioni di possesso e indipendenza tra amanti alla pratica di collezionare oggetti dotati di significato storico, come una spada del Risorgimento o all’apparecchio stereoscopico Bertsch. Con un tocco da romanziere si passerebbe al senso di possesso che i biografi provano verso i loro soggetti: e qui ce ne sarebbe da dire...
Tra i molti ritratti
eseguiti da Francesco Negri, alcuni, tra i più belli, hanno per soggetto una
giovane donna bruna, dai grandi occhi, ripresa da sola e talvolta in compagnia
di altri personaggi legati alla famiglia Negri. Malgrado queste immagini siano
tra le più significative non si è potuto appurare l’identità della donna. La
foto che qui presento – eseguita con l’autoscatto – la mostra in atteggiamento
affettuoso con lo stesso Negri e ci spiace che questa isolata immagine, non
contenga tutte le informazioni utili a chiarire esattamente la natura del
rapporto tra il fotografo e la sua modella.
Chi è?
Abbiamo
accennato alla vicenda dell’eredità di Francesco Negri, che coinvolse gli eredi
diretti, i figli Umberto e Federico, e la cameriera di quest’ultimo, Carolina
Baracco. La cameriera diventò l’erede universale.
La donna
misteriosa è la cameriera?
Indaghiamo su altre
fotografie. Alla fine escludiamo questa ipotesi.
Tutto può
essere!
Per questo
occorre indagare sulle collezioni dei privati per ricostruire la vita di Negri
e la storia delle sue fotografie.
Da Marotto. Immagine di Francesco Negri vista attraverso lo stereoscopio. |
Ai fini studiosi, inoltre, è indispensabile approfondire le presenze di Negri al di fuori dei confini della Biblioteca Civica di Casale Monferrato per comprenderne appieno il valore. Così, continua la ricerca. Nel 2013 abbiamo studiato i materiali conservati con cura dal pittore Marotto. Recentemente abbiamo fatto visita agli eredi del professor Pronzato…
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