QUEI GIOVANI CHE NUOTAVANO CONTROCORRENTE. LA RESISTENZA E I PARTIGIANI NELLE MEMORIE DI RAIMONDO LURAGHI

Raimondo Luraghi.
Fotografato da Roberto Coaloa. Torino. Marzo 2005.


Quest’anno ricorre il centenario della nascita del grande storico Raimondo Luraghi.

In occasione del 25 aprile, ripropongo la mia recensione - Quei giovani che nuotavano controcorrente - pubblicata sulle pagine culturali de Il Sole-24Ore, Domenica 20 marzo 2005, in occasione dell’uscita del volume Eravamo partigiani. Ricordi del tempo di guerra (Bur Milano 2005).

Tra il 2004 e il 2005, grazie a Riccardo Chiaberge, direttore dell’inserto domenicale del Sole, scrissi diversi pezzi sulla Resistenza e intervistai, in varie occasioni, i protagonisti della Seconda guerra mondiale, dai partigiani ai militari di Salò. Ogni volta, registravo le interviste e scattavo delle foto in bianco e nero o a colori. Sempre in pellicola. Così, anche in occasione della recensione al volume di Luraghi, andai a Torino per raccogliere qualche informazione in più direttamente dallo storico, che era anche un maestro per me e, tra le altre cose, un appassionato di fotografia. In quegli anni, intervistai tra gli altri Giovanni Pesce (ritratto con sua moglie, Onorina Brambilla) e Angelo Del Boca.

Luraghi, nato a Milano il 16 agosto 1921, torinese d’adozione, è stato il più grande storico italiano della guerra civile americana. Fu "visiting Professor" in diverse Università nordamericane, da Harvard alla Richmond (Virginia), a Notre Dame (Indiana), alla New York University, alla University of Georgia, e in quella canadese di Toronto.

La mano sinistra di Raimondo Luraghi
mentre sfiora i suoi libri nella biblioteca di casa.
Fotografia di Roberto Coaloa.

Professore all’Università di Genova, per anni direttore del Museo Nazionale del Risorgimento, è noto soprattutto per il suo monumentale libro Storia della guerra civile americana, opera tradotta in inglese, diventata un classico negli Stati Uniti d'America. Suo anche il fondamentale Marinai del Sud - Storia della Marina confederata nella Guerra civile americana 1861-1865.

Sottotenente della Guardia alla Frontiera, dopo l'8 settembre 1943, Luraghi entrò nella Resistenza.

Studioso di Montecuccoli e di storia militare, Luraghi scrisse un bellissimo volume di memorie Eravamo partigiani-Ricordi del tempo di guerra (Milano, BUR, 2005), che ora riproponiamo.



 

QUEI GIOVANI CHE NUOTAVANO CONTROCORRENTE

Di Roberto Coaloa

Recensione di Roberto Coaloa
a "Eravamo partigiani" di 
Raimondo Luraghi.
Il Sole -24Ore, 20 marzo 2005.

L’audacia fu il segreto dei giovani che combatterono – tra il 1943 e il 1945 – per un Paese libero. Raimondo Luraghi, uno dei nostri più apprezzati storici militari racconta con una scrittura elegante le sue vicende nella guerra partigiana, dall’8 settembre 1943 al 7 maggio 1945.

Allora c’erano italiani che si ostinavano, per disperazione, a stare dalla parte sbagliata, quella nazista; il fascismo creò un inganno (prima con l’ausilio della monarchia e poi con la forza del Terzo Reich) scatenando una sanguinosa guerra civile. L’esempio dei partigiani, invece, riuscì a far passare – oltre la linea dell’infamia – molti giovani soldati che «sembravano sinistri fantocci apportatori di morte».

Attuali erano gli insegnamenti di Giordano Bruno: «non temete nuotare contro il torrente; è d’un’anima sordida pensare come il volgo, perché il volgo è in maggioranza».

Luraghi rileva il legame che unì la Resistenza al Risorgimento: evidente nelle scelta delle brigate partigiane di aderire alla guerra di bande, preconizzata da Garibaldi. Inoltre l’esercito regolare diede un contributo importante alla guerra di liberazione. In Italia, infatti, l’ossatura delle forze partigiane era costituita dal vecchio esercito regio; molti capi, ad esempio, erano cresciuti alla Scuola di Cavalleria di Pinerolo, come gli ufficiali Petralia, Romanino, Barbato e il suo comandante, il generale Guglielmo Barbò (deportato in Germania e morto in un lager). I militari italiani affiancati agli Alleati furono oltre 420mila; altri 65mila formavano le unità partigiane all’estero; 600mila furono imprigionati in Germania e sottoposti a ogni vessazione perché non avevano tradito la fedeltà al giuramento. La Resistenza fu, secondo Luraghi, un secondo Risorgimento.

Giaime Pintor, raffinato traduttore di Rilke e sfortunato eroe della Resistenza, terminò la prefazione alla Rivoluzione di Carlo Pisacane con le parole del capitano di Sarpi: «Tutta la mia ambizione, tutto il mio premio lo trovo nel fondo della mia coscienza e nel cuore di tutti quei cari e generosi amici che hanno cooperato e diviso i miei palpiti e le mie esperienze». Quelle parole riecheggiano nelle memorie di Luraghi, che ricorda le vite dei suoi compagni partigiani e anche dei giovani universitari che formarono l’entourage dei medici della Resistenza, come Plinio Pinna Pintor («Simone»). Nelle memorie di Luraghi emerge, in tutta la sua bellezza, quella generazione di “ribelli” che sentì la Resistenza, per dirla con l’amico suo Vittorio Foa, come un’immagine di giovinezza e di speranza.

Luraghi rievoca chi si prodigò per i partigiani senza mai misurare il rischio: la famiglia Isola, Giovanni Vaccino, il rettore del Santuario San Giovanni Bosco, José Molas, e molti ancora, la cui memoria è ora in un andito buio della storia. Il valore delle pagine di Eravamo partigiani, del racconto tutto legato a eventi della guerra, sta non tanto nella descrizione di fatti “storici”, ma nella minuziosa analisi di un vivere quotidiano durante la guerra, senza retorica, né reticenze anche sugli aspetti più controversi della Resistenza. Si capisce meglio la realtà di quegli anni tragici, che fu davvero più potente della fantasia.

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